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domenica 18 ottobre 2015

ISIS E TURCHIA: IL DOPPIO GIOCO DI ERDOGAN

terdogan
Nel settembre del 2014, il Presidente Recep Tayyip Erdogan si è recato negli States, presso il Consiglio per le Relazioni Internazionali (CFR), dove si è lamentato per le notizie infondate diffuse dai media e ha preteso che le informazioni sulla Turchia si avvalessero di informazioni “basate su fonti oggettive”.
Il programma di peace-building della Columbia University (USA) ha messo al lavoro un team di ricercatori statunitensi, europei e turchi per analizzare i media della Turchia e internazionali, per fare chiarezza rispetto ad alcuni “dati di fatto”.
Sorprendentemente, quanto è venuto alla luce fornisce un quadro diverso da quello pubblicizzato da Erdogan, che vedrebbe la Turchia impegnata nella lotta contro l’ISIS.
Il Prof. David L.Phillips, direttore del programma della Columbia e già Senior Adviser ed Esperto di Politica Estera per il Dipartimento di Stato statunitense ha divulgato la ricerca (pubblicata anche dall’Huffington Post www.huffingtonpost.com/david-l-phillips/research-paper-isis-turke_b_6128950.html)  che dimostra come la maggior parte dei combattenti, dell’equipaggiamento e delle forniture per i terroristi sono arrivate attraverso la Turchia.
E’ la Turchia a passare armi all’ISIS e mentre gli autisti che trasportavano i camion pieni di armamenti dichiaravano che questi contenevano degli aiuti umanitari per i Turkmeni presenti in Siria, ma questi hanno dichiarato di non aver ricevuto alcun tipo di aiuto umanitario.Secondo il vice presidente del Partito Repubblicano Turco, Bulent Tezcan, tre autocarri pieni di armi, caricate all’aeroporto di Ankara, sono stati fermati ad Adana per un’ispezione nel gennaio del 2014. I camion venivano portati al confine con la Siria, dove un agente dei servizi segreti turchi (MIT) li prendeva in carico per la consegna all’ISIS. Quando i tre veicoli sono stati bloccati, gli agenti del MIT hanno fatto di tutto per tenere alla larga gli ispettori, che sono però comunque riusciti a trovare razzi, armi e munizioni.
Il capo dell’intelligence turca, Hakan Fidan, ha dichiarato al primo ministro turco e a un paio di ufficiali che “Se necessario, troverò io il modo di entrare in guerra contro la Siria facendo lanciare 8 razzi in Turchia da 4 miei uomini mandati oltre confine; farò attaccare la Tomba di Solimano.”
Il 19 settembre 2014 sono stati rinvenuti dei documenti che dimostrano che l’Emiro Saudita Bender Bin Sultan ha finanziato il trasporto di armi destinati all’ISIS attraverso la Turchia.
Un volo proveniente dalla Germania ha scaricato armi all’aeroporto di Etimesgut in Turchia; il carico è stato diviso in tre container, due dei quali diretti all’ISIS e uno a Gaza.
La Turchia ha fornito assistenza logistica ai combattenti dell’ISIS;  infatti il Ministro dell’Interno Muammar Guler ha firmato una direttiva con la quale si è impegnato ad aiutare i militanti di al-Nusra all’interno del territorio nazionale presso Hatay , che è una località ideale per i mujaheddin  che attraversano il confine per andare in Siria. Il supporto logistico per i gruppi islamici terroristici è così stato incrementato, insieme al loro addestramento, alle cure fornite loro negli ospedali. I servizi segreti turchi e la Direzione per gli Affari Religiosi hanno coordinato – sempre secondo la direttiva – la sistemazione dei combattenti in alloggi pubblici.
Un ufficiale egiziano ha testimoniato nell’ottobre del 2014 che l’intelligence turca stava passando immagini satellitari e altri dati riservati all’ISIS.
E ancora, la Turchia ha stretti rapporti commerciali con l’ISIS per quanto riguarda l’acquisto del petrolio a prezzo stracciato; secondo David Cohen, un ufficiale del Dipartimento di Giustizia USA, ci sono intermediari turchi che collaborano per vendere il petrolio dell’ISIS nel Paese.
Il Ministro dello Sport turco, Suat Kilic, ha fatto visita a degli jihadisti salafiti che sono supporter dell’ISIS in Germania.
Secondo il giornalista Seymour Hirsch l’ISIS ha condotto attacchi con il Sarin (gas nervino) in Siria e la Turchia ne era informata.
Ma il ruolo della Turchia sarebbe ancora più attivo, poiché stando a quanto dichiarato dal parlamentare turco Demir Celik, le Forze Speciali Turche combattono direttamente a fianco dell’ISIS e ci sono immagini che ritraggono combattenti dell’ISIS con ufficiali turchi e con il figlio Bilial Erdogan, figlio del Presidente turco.
Lo stesso Bilial Erdogan (Fonte) si sarebbe poi trasferito in una località sul lago di Como insieme alle sue guardie, lo scorso 27 settembre,  per gestire il patrimonio finanziario della famiglia nel caso in cui le elezioni del prossimo 1 novembre in Turchia, vedessero un cambiamento che potrebbe portare a vedere l’attuale Presidente  perseguito per alto tradimento.
E mentre in Italia nessuno sembra (pre)occuparsi del problema, in Europa c’è ancora chi preme per l’ingresso della Turchia nell’Unione. E’ invece giunto il momento di affrontare la situazione con fermezza e convinzione, prima che si debba ancora una volta contare le vittime del terrorismo e dell’ennesima guerra esportata.
Nel frattempo, il 10 ottobre scorso, l’esplosione di due ordigni ha devastato la folla radunatasi per una manifestazione pacifica nei pressi della stazione di Ankara, mietendo un centinaio di vittime e ferendone moltissime altre. Il raduno, indetto dai partiti, dai sindacati e dalle associazioni vicine alla causa curda, aveva lo scopo di chiedere la fine delle sanguinose ostilità tra l’esercito e i ribelli del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK)  che erano nuovamente divampate dopo una tregua durata oltre due anni. Mentre l’opposizione attacca Erdogan, ritenuto responsabile dell’attentato, secondo la stampa turca filo-governativa si tratterebbe di un massacro per mano dell’ISIS (gli inquirenti sarebbero riusciti a recuperare frammenti di impronte digitali dai resti dell’ordigno).
Una simile affermazione, alla luce di quanto pubblicato dal Prof. Phillips della Columbia University, suona un po’ come una conferma delle accuse rivolte a Erdogan dall’opposizione. Il rischio è quello di assistere a una terribile escalation della violenza, dopo che già da fine luglio la NATO aveva dato il proprio benestare anche agli attacchi turchi contro le postazioni del PKK (e nella notte fra sabato e domenica la Turchia ha bombardato le postazioni del PKK nel sud est del Paese e nella parte settentrionale dell’Iraq, uccidendo 49 curdi).
Il doppio gioco di Erdogan potrebbe però essere ormai giunto al capolinea: le prossime elezioni politiche potrebbero segnare un profondo cambiamento per il Paese. Sempre che la situazione non precipiti e che la deriva autoritaria non porti all’annullamento della chiamata alle urne.
http://www.ignaziocorrao.it/isis-e-turchia-il-doppio-gioco-di-erdogan/

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