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lunedì 4 maggio 2015

Cumières Premier Cru Brut 2004 di Georges Laval e Premier Cru Brut di De Meric.



Ci sono vini fatti per conquistare,che ruotano la coda come il pavone. Ce ne sono altri invece che non si curano di un’amabilità superficiale,di quel cicaleccio servile che impressiona favorevolmente il degustatore . Questi ultimi sono i vini che danno emozione. Quando si ha a che fare con lo Champagne si devono fare i conti poi con la sua intima vocazione :vino spumeggiante, perciò incline a  suscitare “festa” e a procurare “gioia”. E qualche volta ci si ferma lì. Non con i nettari di questa sera, in compagnia di Antonio Lioce : Cumières Premier Cru Brut 2004 di Georges Laval, versione Magnum, e  Premier Cru Brut di De Meric.  Con De Meric si guarda allo stile “Krug”, con le dovute proporzioni.  Ettari vitati in alcuni dei più prestigiosi villaggi e vigneti della Champagne ,Avize fra gli altri . Qui lo Chardonnay regala grandi emozioni. Tutti i vini di De Meric subiscono passaggio in legno (legno di Cognac in prevalenza), e non effettuano fermentazione malolattica. De Meric è stato inoltre tra i pochissimi a usare Cognac come liqueur d’expedition. Il Brut 1er Cru De Meric è fatto solo da uve Chardonnay provenienti da vigneti classificati premier cru. Si tratta di uno Champagne Blanc de Blancs fermentato in botti di rovere, che gli conferiscono un carattere unico. E’ un gioiellino infatti, non si poteva iniziare meglio! Fascino che non ti aspetti, trama e spessore non memorabili ma che travalicano  l’intento brioso e che danno  sensazioni da categoria superiore( il rapporto qualità- prezzo fra i migliori di sempre!). Naso generoso, complesso, orlato di crema pasticciera. In bocca non è opulento, ma sottilmente gradevole.  Abbrivio perfetto prima di misurarsi con Laval. Laval non è un semplice “vigneron” biologico di Cumières, a pochi chilometri da Epernay, sul versante destro della Marna. Ha personalità e carattere e sa trasmetterli ai suoi vini. La sua produzione, classificata “première cru”, sa distinguersi, è riconoscibile. L’assemblaggio di stasera, 50% Chardonnay, 25% Pinot Meunier e 25% Pinot Noir provenienti da vecchie vigne,  è affinato in fusti di quercia .Il suo colore dorato  preannuncia il naso e il palato che ne conseguono. Il tempo di notare che il perlage nella sua cifra stilistica non è infinito perché pur sempre di lieviti autoctoni si tratta,e si è subito investiti dall’assicurante nota di crosta di pane. Sì, crosta di pane. E cos’altro dovremmo cercare e pretendere come “minimo sindacale” in uno champagne se non una sontuosa, ricca, golosa “nuance” di “crosta di pane”? Perché è la nota che ci parla del lavorìo dei lieviti, la cosa più importante nella “fenomenologia” di uno champagne. Tutto il resto è secondario! Poi è anche minerale,torbato,iodato. Tutto grasso che cola, organoletticamente parlando.
Il vino poi è splendido al gusto, ed è nervoso e dinamico il giusto, nonché lungo e persistente, specie dopo che la temperatura si è innalzata progressivamente. Il formato “Magnum” ci consente un’analisi lunga e articolata, in ogni sua parte assolutamente pregnante ed appagante, che si risolve con una sorta di  “crescendo rossiniano” sensoriale, progressione che qualsiasi degustatore desidera sperimentare . Ancora una volta centrato l’obiettivo : estasi enoica, arriviamo!!

Rosario Tiso


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