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sabato 11 aprile 2015

Locanda Bosco San Cristoforo: una favola dei giorni nostri



Ho trascorso la Pasquetta alla Locanda Bosco San Cristoforo di Giuseppe Di Iorio, nella selva che si dipana nell’entroterra tra Motta Montecorvino e San Marco La Catola in provincia di Foggia, e sono ancora pervaso dalle forti impressioni  della giornata. Al punto che ho voglia di raccontarne i dettagli, sia pure fortemente combattuto sull’opportunità di farlo. La ragione è molto semplice: quando ti capita di trovare luoghi siffatti, esprimenti qualità e consistenza, bellezza e poesia, forse è meglio tenerli celati alla consapevolezza della massa. L’esperienza insegna che quantità e lunghezza nuocciono all’intensità. Ma è tracimante il portato emozionale del ricordo e fatalmente non può che tradursi in parole.                              A distanza di un anno dall’ultima “entusiastica” visita  alla “Locanda” nulla è mutato. Come è inconsueto tutto ciò. In un’epoca che fa del cambiamento rapido quasi una religione, trovare persone e luoghi da cui promanano le medesime idealità e fragranze del recente passato è una rarità. Il contesto ambientale è di indubitabile fascino. Il passaggio occasionale dei gitanti  sembra non intaccare i silenzi e la profondissima quiete del maestoso schieramento arboreo che fa da corolla alla struttura della Locanda. Poi ci si mette un clima che d’inverno si fa rigidissimo ( la neve spesso a far da bordura a strade e sentieri…) a respingere gli svogliati viandanti, adusi ormai a più comodi divertimenti e a non reggere qualsivoglia ostilità, sia pure ambientale. Tutto concorre a selezionare gli astanti anche a fronte di numerose presenze, come nel caso della Pasquetta.  L’accoglienza è stata subito fraterna. Giuseppe Di Iorio, anima e motore di tutte le attività della Locanda, è un eroe dei nostri giorni. Imperterrito e dall’allure senza tempo, produce i vini  “alla beva” nel locale e si procaccia le materie prime (quasi tutte a Km. zero; erbe, funghi e tartufi , spesso a pochi metri dal desco!!) servite in svariate e tipiche preparazioni gastronomiche. Qui parlare di prodotto genuino non è un eufemismo, né una “boutade”: è la pura verità. La “N’noglia”, ad esempio. Il cosiddetto “salame pezzente”, perché ricavato dall’utilizzo delle parti meno nobili del maiale, è presente in svariate e prelibate versioni, sia secca che fresca, da cuocere alla brace. Salume tipico per Campania, Puglia e Molise, alla Locanda trova il suo “santuario” . Ha nobilitato gli antipasti e il “secondo”. Giuseppe poi produce di suo una sorta di “soppressata”, ricavata presumibilmente dal filetto del maiale, da urlo! Poche fettine rappresentano un’apoteosi del gusto!! ( Se ne avessi nella mia dispensa credo che la condividerei con pochi selezionati “altri”). Il tutto irrorato dai vini dell’ Agricola Biologica Belvedere, il marchio enoico della "Locanda". Si parte con la bollicina “Brecciolosa”, “blend”  di Falanghina e Greco spumantizzato col metodo “ancestrale” e sboccato all’atto di servirlo ai tavoli. Pochi calici, e i convitati chiedono a gran voce il “Rosso Malvone”. Così è chiamato il rosso di corpo, di colore impenetrabile, che gli abitanti del posto sono soliti consumare con i pasti; nome ispirato dalla pianta selvatica “malvone” con i suoi grandi fiori rossi selvatici. Giuseppe lo fa col  Montepulciano. La tradizione, che di solito ignora  il monovitigno, nella fattispecie lo sposa. L’altro vino aziendale, il “Fraccato”, è un rosato ricavato da svariate uve coltivate in un’unica vigna. E’ il vino che si ha il privilegio di pigiare con i propri piedi durante la festa della vendemmia e poi di acquistare in pochi, numerati esemplari. Alle varie etichette si è aggiunta anche  una riserva di Aglianico, nomata “A” ,   comparsa sui tavoli a suggellare l’amicizia tra i convenuti; un’amicizia che percepisci vera dagli sguardi, dalle parole, dagli affetti. Poi il “Tre Canali”, assemblaggio di Aglianico, Montepulciano e Uva di Troia, da portare a casa e gustare in ricordo dell’evento. Giuseppe si è pure dotato  di un vino da meditazione, l’Elisir della Locanda:  è una sorta di “Ratafià” da Rosso Malvone  e amarene locali. Ha accompagnato  la frutta e i dolci , anch’essi deliziosi. E ritrovando nella memoria il riverbero del  montante oblio alcolico, ripenso quasi con compassione a quei tanti, in città come in periferia, vicini e lontani, che si dividono tra “fast” e “slow”, si barcamenano tra pseudo-tipicità e pseudo-tradizione, incespicano tra gerundi e imperativi. False battaglie per falsi o ingenui comprimari. Che inutile dispersione umana e professionale! Mentre qui alla “Locanda”, lungo sentieri poco o nulla battuti,  si rinnova l’incanto di un mondo che altrove è scomparso ed è appannaggio di spiriti puri e liberi, appassionati e franchi, diffusori quasi inconsapevoli di luce e bellezza, portatori  della verità…
ultima, residua speranza dell’umanità.
Rosario Tiso

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