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sabato 28 marzo 2015

Flaccianello della Pieve 2007 e Substance 2005



Visitare una zona vinicola non è soltanto trovarvi un agriturismo adeguato e accogliente o giungere nei paesi che hanno fatto la storia del vino italiano e mondiale.
E' rintracciare sul territorio i "cru" più famosi, solcarli attraverso le capezzagne che ne delimitano i confini, seguire sentieri, visitare cantine, degustare vini.
E' immergersi in una particolare dimensione mentale e fisica senza lasciare spazio a nient'altro. E' un'esperienza che richiede concentrazione, silenzio, solitudine.
Quelle cose che risulta difficile vivere bene anche in coppia, se non si è ugualmente e sufficientemente motivati.
Il gruppo poi scatena ben altre dinamiche. Questo non riguarda solo le scorribande sulle strade del vino.
Vale anche per qualsiasi esperienza che accada nel dominio dei sensi o abbia una valenza artistica.
Provo a figurarmi il muovermi sulle tracce di Pavese o di Fenoglio, sullo sfondo del paesaggio langarolo, e cercarle nei luoghi che videro nascere e crescere la loro poetica.
Le loro voci sarebbero inudibili, fatalmente coperte dal rumoroso, giocoso, vociante e distratto incedere del branco. Bisogna stare sulla giusta lunghezza d'onda per apprezzare certe cose e non avere altro a cui pensare.
E' avere una passione di cui occuparsi. E' una questione di priorità. Quando si è in tanti le priorità, evidentemente, possono essere diverse.
Anche bere il vino è un'esplorazione, un avventurarsi lungo percorsi meno noti. Si ripropone lo schema del viaggio e della scoperta.
Da soli è un sogno. Si è giudici e nel contempo messi alla prova. Amanti e amati. Ricettacoli sia del piacere che del suo oggetto. In compagnia è fondamentale l'unità.
Ritengo che nella "coppia"  o al massimo in tre o quattro degustatori risiedano le relazioni ideali per ospitare e condividere un'emozione enoica.
Siamo perciò in tre al  wine-bar Cairoli di Foggia, Fabio, Antonio, e il sottoscritto, ad accostarci ad una bevuta che promette di rientrare nel novero dei "memorabilia": Flaccianello della Pieve 2007 di Fontodi e "Substance" sboccatura 2005 di Jacques Selosse. La storia di Fontodi si intreccia con quella secolare del Chianti.
La "Conca d'oro" di Panzano è la sua culla.
La viticoltura "biologica" è la nuova frontiera per ottenere un frutto di migliore qualità.
In questo contesto il "Flaccianello della Pieve"  è il prodotto della selezione delle migliori uve di vitigni che allignano sul classico "galestro", base ideale per ottenere risultati strabilianti dal sangiovese.
La concia di 20 mesi in rovere di Allier e Troncais consegna un capolavoro che è il fiore all’occhiello di questa superba tenuta.
 Capace di importanti affinamenti in bottiglia, risulta eccellente da subito e sciorina un mirabile equilibrio nonostante il gravame di un consistente peso e di un'ampia complessità.
Il Selosse "Substance" invece è un "unicum" nel panorama champagnistico mondiale.
Chi potrebbe osare il rischio di adottare una procedura concepita per i vini "fortificati" facendo percorrere alla sua "cuvèe"  più atipica le traiettorie gustative disegnate dal metodo "Solera"? Anselme Selosse lo fa.
Fermentato in barrique, il "Substance" subisce il metodo di assemblaggio riservato agli "sherry" ed invecchia poi in bottiglia per almeno sei anni.
S.a. di enorme fascino e suggestione, ha dalla sua l'assenza di qualsiasi ortodossia, se si considera che Anselme non standardizza il gusto evitando accuratamente di utilizzare lieviti selezionati e preferendo l'uso di fruttosio puro per il "dosage" . Ne consegue un prodotto che è l'esatta derivazione della particella di terreno che lo ha generato e dell'uva che ne è stata  colta. Si comincia con il "Substance". Ed è come entrare in un antro magico e segreto. Mai ci era toccato un nettare così misterico ed esoterico. Mai da un'acidità così iridescente e piena era scaturita una carezza gustativa così felpata e lieve.
L'eccellenza della materia prima, il metodo realizzativo, i legni nuovi, la calibrata ossidazione ci consegnano uno spettro olfattivo maturo e complesso dove pullulano note di “boulangerie” e “patisserie” ed imperversano profumi terziari.
In bocca è di una pienezza nervosa e golosa e la persistenza aromatica intensa sembra distendersi all'infinito.
Perfetto l'abbinamento gastronomico con la mortadella d'oca lievemente grigliata: la sua grassezza ha abbassato la febbre dell'acidità e addolcito l'esuberante sapidità.
Col Flaccianello della Pieve 2007 si passa da toni sussurrati a registri monumentali e mastodontici.
La fittezza degli estratti, l'ampiezza dei profumi, il profluvio delle sensazioni tattili e la ridda dei sapori fanno del campione toscano una "portaerei" del gusto. Il portato alcolico non pregiudica l’equilibrio e l'astringenza del poderoso tannino, promessa di lunga e gloriosa prospettiva, è bilanciata dalla succulenza ed untuosità di un perfetto cinghiale in umido.
Il vino risulta organoletticamente incontenibile.
Ad ogni sorso dipana una congenita multidimensionalità. La zattera dei sensi sembra smarrirsi, fallire ogni rotta, inseguire vanamente il miraggio di un discernimento           consapevole    posto al limite estremo dell'orizzonte del gusto.
Ma "...il naufragar è dolce in questo mare…”.
Rosario Tiso


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