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domenica 25 gennaio 2015

I Bevitori Randagi



Sorto da una costola della "Setta dei bevitori estinti", ecco venire alla luce un nuovo movimento, incentrato sull'amore per il vino, dove confluiscono le più disparate esigenze gustative.
Meno ingessati degli adepti di una setta e più poliedrici degli affiliati di un gruppo organizzato, fanno dell'appartenenza uno "status"  che può risolversi anche in una sparuta apparizione, in un’estemporanea presenza. Il mondo li chiamerà: “I Bevitori Randagi”. Per randagismo enologico si intende quell'attitudine creativa, mediterranea, edonistica a levare il bicchiere ad ogni occasione, prendendo le mosse da qualsiasi pretesto, aggregandosi e disaggregandosi secondo l'estro del momento, carenti scientemente di progettualità, senza un centro, una figura guida, una meta. Unica affinità: la comune, banale, consueta inclinazione a percorrere i crinali del sogno e del vagheggiamento enoico, sospinti da venti eterei spiranti da innumerevoli bottiglie, reali o immaginarie.
Una più buona dell'altra. Al palato e nei desideri. Da braccare e possedere con i compagni di cordata dell'attimo che fugge.
L'idea di dare un nome a questa informe ed affascinante creatura collettiva mi è venuta in uno dei ritagli temporali consacrati all'aperitivo nei Sabati e Domeniche mattina, ormai leggendari, del Wine-bar Cairoli di Foggia. All’ora del richiamo meridiano, quando il portoncino si schiude alla luce del giorno dopo il meritato ed esiguo riposo notturno, frotte di fedelissimi sciamano alla volta del locale. Dal banco di mescita, nient'altro che il breve piano in legno e muratura dove a sera si allineano geometricamente conti e ordinazioni, Lino Ficelo officia il rito dell'accoglienza, da vero oste benigno, autentico sacerdote dell'oblio, gravido di consigli, pronto a suscitare ed insufflare nell'attonito avventore anche la più leziosa voluttà sensoriale, nello stile senza tempo di una genuina cortesia e in un contesto squisitamente amicale.
Anime, le più disparate, si asserpano al caldo ricovero al suono dei dodici rintocchi seminato dal campanile del duomo cittadino. Non occorre conoscersi. Un rapido saluto e si depone ogni maschera sociale in favore di un fragrante contatto umano , di una frusciante sensualità, alla luce spesso rifratta da esuberanti bollicine. Non sono in tanti a possedere l’autentico spirito dei “Bevitori Randagi” . In questo pomeriggio di sole, di ispirazione e di ricordi la memoria me ne suggerisce alcuni. Quelli per cui conta il fraseggio interiore che serpeggia fra gli astanti, tenuto sempre vivo dallo scambio di sensazioni col bevitore più importante, il bevitore in quell’istante più prossimo, randagio in quanto intento  nel vagabondaggio ondivago di chi ricerca l’assoluto. E se qualche ginocchio si piegherà e finirà simbolicamente nella polvere, sarà un estremo ossequio alla divinità bacchica che ci sovrasta, dispensatrice di raffinate piacevolezze e di dolci torpori, di stordimenti e di illuminazioni, in un esaltante gioco dei sensi perduti e ritrovati. In questa dimensione non esiste il tempo. Il passato, il presente e il futuro, in misura paritaria, concorrono a sostanziare idee ed esperienze. E noi “Bevitori Randagi” lo siamo sempre stati, perché l’esserlo, più che una condizione sociale e giuridica, è un moto dell’anima.
Rosario Tiso


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